“Pontelandolfo oltre a possedere un notevolissimo patrimonio naturalistico, ha un ricchissimo patrimonio culturale e artistico. Questa ricchezza deriva proprio dalla sensibilità di alcune persone che, raccogliendo il desiderio comune, stanno portando alla luce tappe storiche significative del nostro passato. L’ ultimo collegamento con la storia ci viene dalla realizzazione di un monumento in onore dei Sanniti Pentri. Apparentemente l’opera sembra avere poco a che vedere con i nostri progenitori; non si scorgono né elmi né spade e nemmeno scudi, semplicemente un’enorme scheggia, un menhir post-moderno realizzato da Giovanni Mancini, scultore contemporaneo, docente di Tecniche della Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Quest’opera, fusa in bronzo a Faenza, pesa circa cinquanta quintali, si eleva dal suolo quasi undici metri..ed è, secondo l’autore, l’interpretazione di una scheggia vera, dell’ultimo conflitto mondiale rinvenuta nel nostro territorio. Quindi, il nesso con i Sanniti è la guerra: quelle del passato in rapporto a quelle di oggi.
L’ opera sta ad indicarla potenza distruttiva di un ordigno attuale rispetto alla scheggia originaria che simbolicamente è ingrandita all’ennesima potenza. La scultura, casualmene ha strane sembianze umane: è solo una scheggia, non un guerriero né un reduce.
Questa è la costante dell’opera d’arte contemporanea: lascia libertà interpretativa, un po’ come faceva Leonardo (o come possiamo fare anche noi) nell’osservare le nuvole o le macchie sui muri; possiamo vedere, associare o ricostruire mentalmente delle forme che individualmente ci interessano.Comunque, la funzione della scultura o dell’evento artistico deve essere solo pedagogica o didattica e deve essere espressione del momento storico in cui si vive o che si sta attraversando, altrimenti finisce per non essere più arte.
Secondo lo scultore la scheggia è si, simbolo di guerra, di distruzione, di morte, ma anche, in fondo, monito per un futuro di pace senza lotte. Un futuro sereno, insomma, in cui noi giovani innalziamo al cielo con la stele il nostro canto di libertà.
Questa scultura , infine, è il primo passo, anzi, è proprio il caso di dire, la “prima pietra” posta per un Parco che si spera in un futuro non remoto possa sorgere qui a Pontelandolfo”.
Del Negro D.
IL VENTO, pag. 3 n° 1 – Aprile 1998